Il lavoro al computer impegna la vista in maniera, non solo più intensa, ma anche differente rispetto a molti altri compiti di lettura e scrittura che abitualmente svolgiamo.
Ciò è dovuto numerosi fattori. Innanzitutto osservando il monitor di un computer rivolgiamo lo sguardo verso una sorgente luminosa. Questo comporta che i nostri occhi sono raggiunti da radiazioni luminose di un'intensità superiore a quella che riceviamo guardando un libro cartaceo.
Ciò ha due conseguenze. La prima è che i nostri occhi possono essere soggetti a danneggiamenti dovuti alle radiazioni, principalmente luce blu e ultravioletta, emesse dal monitor. Dall'altra parte abbiamo invece il vantaggio di un maggiore contrasto che può facilitare la lettura, soprattutto nei soggetti che hanno difficoltà di discriminazione.

La possibilità di aumentare le dimensioni dei caratteri fa sì che molte persone guardino il computer senza utilizzare la corretta correzione per vicino riuscendo a riconoscere ugualmente il testo scritto.
Questo viene percepito dagli ultra quarantenni come un grande vantaggio in quanto consente di leggere senza utilizzare occhiali specifici per il computer. In realtà il nostro sistema visivo tende comunque ad effettuare dei tentativi di accomodazione per cercare di compensare lo sfocamento delle immagini, anche quando queste sono abbastanza grandi da essere riconosciute.
Il nostro sistema accomodativo è sottoposto quindi a un continuo sforzo del muscolo ciliare per tentare di trovare un fuoco perfetto alle immagini che stiamo osservando. Non riuscendolo a trovare, in conseguenza della presbiopia, il nostro sistema permane costantemente in contrazione.
Quindi la prima, banale, norma d’igiene visiva per chi deve lavorare al computer è quella di utilizzare sempre l’idonea correzione oftalmica che è stata indicata dallo specialista per il lavoro al PC. Lavorare senza l'occhiale corretto, anche se può sembrare indifferente dal punto di vista della percezione visiva induce un maggiore affaticamento che non compensa il modesto vantaggio pratico.
L'ammiccamento è la chiusura, in gran parte involontaria, delle palpebre che viene utilizzata per distribuire uniformemente la lacrimazione sulla superficie corneale.
È noto da moltissimi anni che l’aumento di attenzione ad un compito produce una riduzione della frequenza di ammiccamento. Gli occhi rimangono aperti per più tempo e ciò risulta legata ad una migliore preparazione all'azione.
Fin dagli anni ‘80, quando i computer hanno cominciato ad essere diffusi nelle nostre case si è osservato questo fenomeno che produceva principalmente una sensazione di secchezza oculare.
A quei tempi questo era amplificato dal fatto che i dispositivi utilizzavano dei monitor con tubo catodico che emettevano delle radiazioni elettromagnetiche. La polvere davanti al monitor si caricava elettricamente e veniva proiettata verso il viso dell’operatore producendo fastidi anche di tipo respiratorio oltre a disturbi nella lacrimazione.
I nuovi schermi hanno ridotto la componente legata all'emissione di queste radiazioni e hanno annullato totalmente questo fenomeno. Tuttavia la maggiore velocità con cui le immagini si susseguono sui computer attuali, la velocità con cui cambiano le informazioni presenti sullo schermo, fa sì che il nostro livello di attenzione oggi sia spesso più alto di quello richiesto nell'utilizzo dei primi computer.
Per questo motivo nei soggetti che già soffrono di secchezza oculare è opportuno proteggersi con idonei integratori lacrimali.
Come era stato già illustrato in articoli precedenti ogni volta che noi osserviamo degli oggetti da vicino dobbiamo attivare il meccanismo dell'accomodazione e il meccanismo della convergenza.
Il sistema visivo dell'uomo non è nato per uno sforzo prolungato da vicino, ma solo per un'attività occasionale. Quindi dopo un periodo di lavoro da vicino avvengono dei fenomeni di decadimento delle prestazioni che possono essere più o meno accentuate a seconda delle caratteristiche dell'individuo.

È consigliabile quindi effettuare delle pause, brevi ma frequenti, durante le quali guardare a distanza. Per l'ottica ciò vuol dire che sono necessari 3-5 metri per rilasciare il sistema accomodativo, il sistema di convergenza degli occhi. Questo è particolarmente importante per i soggetti giovani o in età evolutiva in quanto questi sforzi prolungati da vicino risultano fortemente correlati con la progressione miopica. Quindi ridurre questi sforzi rallenta la velocità con cui il processo di miopizzazione procede.
Sempre osservando la fisiologia del sistema visivo, sappiamo che ogni volta che guardiamo la distanza ravvicinata, oltre alla convergenza e all’accomodazione, si verifica un abbassamento dello sguardo. Questo perché la visione da vicino è legata prevalentemente all'attività che facciamo con le mani.
Quindi, altro consiglio, è quello di tenere il monitor leggermente più basso rispetto alla linea centrale degli occhi, la cosiddetta posizione di sguardo primaria. In tal modo non solo abbiamo una maggiore facilità nel guardare a distanza osservando al di sopra del bordo del monitor, ma utilizziamo una posizione mediamente più coerente con la fisiologia del sistema visivo.
Lo sforzo accomodativo e lo sforzo di convergenza che fanno gli occhi quando guardano da vicino è proporzionale alla distanza alla quale lavoriamo.
Posizionare il monitor troppo vicino comporta quindi un eccesso di accomodazione e di convergenza. Non esiste una regola stabile costante per tutti rispetto alla distanza ottimale del monitor, ma normalmente si consiglia di mantenere un monitor più vicino dei 60 cm; questo favorisce anche una corretta postura, con una posizione del capo che riduce il carico sulla colonna vertebrale e i fastidi a livello dell'area cervicale.

Fonte "Dott. Marco Orlandi", psicologo, optometrista.
Marco Orlandi, dopo il diploma di ottico e la successiva qualifica in optomentria, apre un’attività commerciale nel centro storico di Roma. Successivamente si laurea in psicologia sperimentale ed approfondisce le tematiche delle funzioni percettive, soprattutto dell’età evolutiva. È stato relatore in numerosi congressi di neuropsicologia ad ha svolto attività di docente sia presso le Università della Sapienza, Tor Vergata, LUMSA. È stato anche docente presso numerosi corsi ECM in Italia. Per conto di primarie aziende oftalmiche ha tenuto seminari sulle tematiche della visione. Svolge attività clinica presso il Centro Ricerche sulla Visione che ha fondato nel 2008 proprio per trasferire nella ricerca le proprie esperienze con i pazienti.
Centro Ricerche sulla Visione:
Presso il CRV viene svolta attività di valutazione delle funzioni visuo-percettivo-motorie grazie alla collaborazione di vari professionisti, dall’optometrista all’oculista. Inoltre viene svolta anche attività di riabilitazione visiva, ortottica e/o funzionale. Il CRV organizza corsi di formazione, ECM e non, per professionisti sanitari. Il CRV è sede di tirocinio in convenzione con Roma Tre ed accoglie ricercatori e tesisti anche di altre facoltà.
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